Il 7 maggio il nostro Centro è stato invitato a partecipare alla
conferenza organizzata a Preganziol da Salviamo il paesaggio. Sono
intervenuti: Michele Boato, Sergio Lironi, Marco Tamaro, Giuliano
Rosolen e il nostro direttore Eriberto Eulisse. Durante il corso della
serata i diversi esperti hanno evidenziato alcune problematiche
riguardanti il nostro territorio e sono stati sottolineati alcuni dati
preoccupanti, che darebbero la nostra regione seconda solo alla
Lombardia per cementificazione. Questa condotta poco lungimirante ci ha
portato a costruire anche in zone pericolose, per esempio troppo vicino a
corsi d'acqua. Nel 1993 era stato stabilito il PTRC, cioè Piano
Territoriale Regionale di Coordinamento, nato appunto per tutelare il
nostro territorio, ma che è stato ben presto ignorato fino alla sua
cancellazione nel 2010. Ma il Veneto non è l'unica regione a comportarsi
così; infatti se paragoniamo i livelli di cementificazione di tutta
Italia alla vicina Germania scopriamo che laddove quest'ultima
cementifica non più di 20 ettari al giorno il Bel Paese arriva a ben
137, per sfiorare, in un anno, la cifra da capogiro di 50000 ettari...
Il boom dell'urbanizzazione ha portato ad avere 70000 alloggi invenduti
e 3000 capannoni sfitti solo in Veneto. A fare le spese della
cementificazione selvaggia è stato lo spazio agricolo, mandando in fumo
nella nostra regione 290 preziosissimi ettari. In soli vent'anni la
superficie agricola è stata ridotta del 21% mentre è raddoppiato il
consumo di suolo medio annuo, che ad oggi è di 182 milioni m².
L'Italia può quindi avvalersi del triste primato della produzione di
cemento: 691 kg per abitante. (Solo nei colli euganei abbiamo ben tre
cementifici!).
Cosa si può fare per contrastare questi pericolosi fenomeni? Si può
ricorrere alla delazione locale, battendosi per avere maggiore
attenzione e per sensibilizzare l'opinione pubblica. Oppure si può
elaborare un modello alternativo e sostenibile di sviluppo: valorizzando
per esempio l'agricoltura biologica, che potrebbe rivelarsi un
interessante fattore per la riqualificazione del territorio. Oppure
attraverso la bioedilizia, che ristruttura quanto già esiste, senza
sottrarre altri preziosi ettari all'agricoltura.
L'insieme di queste importanti trasformazioni che l'uomo causato e la
scorretta gestione della nostra regione hanno portato la natura a
rivoltarsi contro di noi: le recenti alluvioni hanno messo in crisi i
centri urbani, non sempre pianificati a dovere, perché l'edilizia è un
“grande business per pochi” che concede di costruire anche dove non si
potrebbe, arrivando persino a rinchiudere interi corsi d'acqua per poter
edificare. Anziché usare tutti gli investimenti per la sicurezza
idraulica per fare argini sempre più alti, dovremmo lasciare ai fiumi
gli spazi che gli spettano, recuperando quel reticolo idrografico
straordinario che i nostri avi ci hanno lasciato e valorizzando gli
aspetti qualitativi di un'acqua che, purtroppo, l'ARPAV definisce di
buona qualità solo per 1/3. Fuggiamo da questo mito di una crescita
senza limiti e dirigiamoci verso l'unica via ancora percorribile per
salvarci: LA SOSTENIBILITA'.
Sarah Diotallevi – Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua.
Invito chiunque sia interessato a visitare il sito www.salviamoilpaesaggio.it
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