martedì 15 ottobre 2013

AMA l'acqua del rubinetto! il progetto didattico gratuito di Alto Trevigiano Servizi e Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua

AMA L’ACQUA DEL RUBINETTO!
Parte una nuova stagione del concorso sulla cultura dell’acqua

Più di 130 classi coinvolte, oltre 3 mila alunni beneficiari. Il progetto “AMA l’acqua del tuo rubinetto!”, ritorna anche quest’anno con tante novità. Al centro del progetto, sostenuto e promosso da Alto Trevigiano Servizi in collaborazione con Civiltà dell’acqua, l’educazione degli alunni delle scuole della Provincia di Treviso.
Come ogni anno, anche durante questa quinta edizione, gli esperti del Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua coinvolgeranno gli alunni delle scuole materne, primarie e secondarie attraverso attività ludiche, visite guidate, presentazioni video e laboratori didattici, al fine di insegnare e accrescere l’importanza della cultura dell’acqua del rubinetto, incentivando l’analisi dei temi affrontati.
Al termine del percorso formativo gli alunni delle classi che aderiscono al progetto parteciperanno al concorso con i loro elaborati e saranno invitati, assieme alle loro famiglie, alla giornata di premiazione, prevista per la conclusione dell’anno scolastico, durante la quale le scuole vincitrici riceveranno come premio un erogatore d’acqua da installare nelle loro sedi.
Questo progetto – dichiara il CDA di Alto Trevigiano Servizi – è importantissimo per la nostra azienda perché crediamo che le buone pratiche di rispetto dell’ambiente vadano insegnate agli adulti del futuro che dovranno fare i conti con i problemi di un ambiente sempre più trascurato e poco rispettato. E poi i ragazzi sono il miglior modo per portare le buoni prassi all’interno delle famiglie, invitandole a modificare le abitudini sbagliate e a prediligere l’acqua del rubinetto, buona, controllata ed economica.”




Ama l’acqua del rubinetto 2013-2014: Giunto alla sua quinta edizione, il concorso 20013/2014 prevede innumerevoli novità che riguardano l’offerta formativa messa a disposizione gratuitamente per le scuole che decideranno di aderire al progetto. Oltre ai cinque classici percorsi, già coadiuvati con successo, per questa nuova edizione sono state inserite ben 4 nuove proposte:
-Visitiamo il nostro acquedotto!, che propone la visita guidata allo scenografico acquedotto di Val Schievenin a Quero, immerso in una valle incontaminata. Questa iniziativa offre sia agli insegnanti che agli studenti la meravigliosa opportunità di scoprire come l'acqua pura e controllata arrivi direttamente nelle nostre case.

--Acqua, amica meravigliosa! è invece un progetto più dinamico e divertente che, attraverso favole, esperimenti, giochi e cartoni animati appositamente studiati per la scuola dell'infanzia, ha lo scopo di avvicinare i bambini a tematiche sociali importanti quali il risparmio idrico e l'importanza di preferire l'acqua del rubinetto a quella in bottiglia.
-Il fiume fonte di vita è un’attività studiata per avvicinare gli alunni alla conoscenza della flora e della fauna tipiche dei nostri corsi d'acqua e per imparare l’importanza di rispettare questi preziosi ecosistemi.
-Home: un film per riflettere aiuterà i ragazzi ad affrontare i temi attuali che coinvolgono l’ambiente e le sue problematicità. 

-Buone prassi a casa e a scuola: sperimentazioni multimediali.Il laboratorio si svolgerà in tre incontri in classe, e mira a sviluppare le capacità dei ragazzi per un uso quotidiano consapevole dell’acqua attraverso la sperimentazione di un breve periodo a regime di consumo d'acqua ridotto, e la successiva realizzazione di prodotti cartacei e multimediali. Sono previsti momenti di peer education (educazione tra pari) mettendo i bambini stessi al centro del progetto come protagonisti.

Clicca su progetti didattici per scaricare i moduli del progetto

Ama il tuo fiume! il progetto didattico gratuito del Consorzio di Bonifica Acque Risorgive e del Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua

Il Consorzio di Bonifica Acque Risorgive e il Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua  

Hanno il piacere di presentarvi
Ama il tuo fiume
Concorso a premi e
Proposte Didattiche Gratuite
per le scuole ricadenti nel comprensorio
del Consorzio di Bonifica Acque Risorgive
A.S. 2013-2014


Il Progetto “Ama il tuo fiume”, giunto alla sua terza edizione, ritorna anche quest’anno con tante novità! Al centro del progetto ovviamente le buone pratiche di riqualificazione fluviale e di sviluppo eco-sostenibile delle aree situate lungo alcuni corsi d’acqua del territorio, alla luce di alcuni importanti risultati ottenuti con i progetti del Consorzio Acque Risorgive.
Le novità riguardano l’offerta formativa messa a disposizione gratuitamente per le scuole che decidono di aderire al progetto. Oltre ai cinque classici percorsi proposti, già collaudati con successo, quest’anno sono stati inseriti 2 nuovi percorsi: Un fiume di vita, per avvicinare gli alunni allo conoscenza della flora e della fauna tipiche dei paesaggi rurali del Veneto; e Colori e forme dei paesaggi agrari in cui gli alunni saranno coinvolti a sperimentare alcune tecniche creative.

Come ogni anno, operatori esperti coinvolgeranno gli alunni delle scuole primarie (a partire dalle classi IV) e secondarie, attraverso, visite guidate, power point e laboratori didattici, accuratamente preparati per analizzare le specificità e le problematicità delle aree di interesse e coinvolgere le persone, fin dalle nuove generazioni, nella tutela e nella salvaguardia dell’ambiente.

Le classi che aderiscono al progetto, parteciperanno al concorso a premi indetto dal Consorzio di Bonifica Acque Risorgive, e saranno invitati, insieme ai genitori e alle rispettive famiglie, alla giornata di premiazione, prevista in concomitanza della fine dell’anno scolastico.


La partecipazione è aperta a 24 classi che saranno individuate, partendo dalle richieste pervenute, in modo che sia coinvolto il maggior numero di Comuni tra quelli ricadenti nel comprensorio consorziale e appartenenti alle provincie di Venezia e Treviso.

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lunedì 7 ottobre 2013

Vajont, un genocidio italiano. E firmato Dc



Il nome è quasi dimenticato: Vajont. Cosa accadde lo sanno in pochi, più facile sentir parlare del crollo di una diga, anche se in realtà la diga è lì, nascosta tra le montagne, e domina ancora oggi ErtoCasso e Longarone, i paesi che quella sera del 9 ottobre 1963, alle 22.53, vennero spazzati via dall’urto di un’onda alta settanta metri. Nessun cedimento: un pezzo di montagna, il Toc, cadde nel bacino artificiale e sollevò qualcosa che può essere paragonata a uno tsunami. Nonostante quel movimento d’acqua la diga riuscì a resistere, l’onda la scavalcò per puntare contro i tre paesi e trascinare acqua e distruzione per chilometri.
Così, l’Italia che viveva il dopo boom economico e aveva dietro l’angolo la crisi petrolifera, scoprì le valli del Bellunese, scoprì la fierezza di quella gente che aveva combattuto la Resistenza e ora si trovava di fronte a un’altra guerra, un’altra ricostruzione. Ancora morti e croci bianche, alcune riconosciute, molte rimaste senza nome, altre senza la dignità di una sepoltura.
Nei bar trasmettevano una partita di calcio in Eurovisione, Real Madrid-Glasgow Rangers, qualcuno forse si accorse di quello che accadde in uno spazio temporale calcolato in 4 minuti. Ma a Longarone quella sera, la maggior parte delle persone dormivano perché c’era la scuola, il lavoro, famiglie da tirare avanti. Forse si accorsero, ma senza capire quello che stava accadendo.
Morirono 1910 persone. Molti più del Titanic e di quanto ha ucciso in Italia il terrorismo in 40 anni. Il Titanic perché quella diga, in quegli anni, era la più alta e potente mai costruita. Un’opera imponente della migliore ingegneria mondiale, proprio come il transatlantico che sembrava inaffondabile e colò a picco. Terrorismo, perché il Vajont fu una strage cercata, un genocidio di povera gente: i vertici della Sade, che poi divenne Montecatini Edison, e gli apparati più importanti dello Stato, sapevano benissimo che la montagna, il monte Toc, stava crollando e avevano capito quello che poteva accadere. Ma tacquero, perché la ragione dell’azienda fu molto di più che la paura di uccidere centinaia di persone.
Vale la pena ricordare? Sì, vale la pena. La prerogativa non può essere relegata solo a coloro che hanno ripopolato quelle valli e cercano di ricostruire una comunità che, ancora oggi, dopo 48 anni, è lacerata.
Ho avuto la fortuna di viverci in quella zona, e di sentire quanto la memoria fosse viva e tragica. Il mio capocronista di allora, Toni Sirena, era figlio di Tina Merlin, la giornalista dell’Unità che per anni avvertì dalle colonne dell’unico giornale che osava pubblicare i suoi articoli, quello che sarebbe accaduto. Rimase inascoltata. Solo anni dopo, e attraverso il lavoro dell’autore e regista teatrale Marco Paolini, il lavoro di Tina venne portato al pubblico attraverso un’opera teatrale. La Sade la querelò, e alla fine venne assolta.
Tina Merlin non l’ho mai conosciuta, se non attraverso i suoi libri, non ho fatto in tempo, se n’è andata giovane. Ma l’ho rivista negli occhi del figlio e in quelli malinconici del marito, Aldo. Era stata staffetta partigiana, era una donna e cercava di farsi largo in un ambiente, quello del giornalismo, che parlava ancora con la voce da uomo. Più che Toni me la raccontava un altro mio grande amico e punto di riferimento, Peppino Zangrando, all’epoca presidente dell’ordine degli avvocati di Belluno (lo sostituì anni dopo Maurizio Paniz, a pensare a certi paragoni mi viene il magone) e col quale, io cronista di giudiziaria, lavoravo tutti i giorni. Zangrando fu uno degli avvocati di parte civile più importanti nel primo processo.
Ricordo, e anche a lui devo molto, Mario Fabbri. Io l’ho conosciuto da procuratore della Repubblica, a fine carriera, ma da giovane era stato il giudice istruttore del primo processo, il primo a puntare il dito contro la Sade, negli anni in cui il potere politico era fuori da ogni diritto di critica, figuriamoci di accusa. In un Veneto, poi, controllato da quel grande tessitore che fu Mariano Rumor.
Mi scuso con gli eventuali lettori, ma ho usato la prima persona non perché mi creda qualche merito, ma per sottolineare quanto a volte gli incontri ti possano in qualche modo arricchire la vita. E credo che Merlin, Zangrando, Fabbri, valgano mille citazioni, furono rivoluzionari in un’Italia dove ogni forma di ribellione veniva spenta con i lacrimogeni. O con le pistole.
Stasera, alle 22.53, mi ricorderò di tutte quelle persone che sono andato a conoscere anni dopo, quelli che avevano perso i genitori, i fratelli, gli amici, i sopravvissuti di tre paesi fantasma. Cercherò di immaginare quell’Italia in bianco e nero. E non so se fosse migliore o peggiore di quella di oggi. Il settimanale democristiano La Discussione va oltre, evoca il soprannaturale: «Quella notte nella valle del Vajont si è compiuto un misterioso disegno d’amore». Presidente del consiglio era Giovanni Leone. Era un presidente, del Consiglio prima e della Repubblica poi, a cui i colpi di teatro piacevano, bizzarro tanto da rispondere con le corna agli studenti che a Pisa lo contestavano. Ma a Longarone riuscì a superare se stesso: arrivò in elicottero due giorni dopo la catastrofe, nessun altro politico da Roma ebbe lo stesso coraggio. La gente urlava assassini, inteso come il governo che lui rappresentava. Ma Leone riuscì a calmare tutti, tirando fuori dal taschino un fazzoletto bianco impregnato di lacrime: “Giuro su questi corpi e queste rovine che sarà fatta giustizia”. Ma quando il sindaco Arduini, che sotto l’onda perse un figlio e i genitori, citò in giudizio Giorgio Valerio, presidente della Montecatini-Edison subentrata alla Sade, – come ricordò in un memorabile pezzo Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera - in tribunale venne depositata una memoria difensiva che sostenne l’imprevedibilità della catastrofe. Firmata: “avvocato Giovanni Leone”.
Era anche questa l’Italia in bianco e nero della Dc. Evitiamo ogni paragone, sarebbe inutile e improduttivo. Ma stasera vale la pena ricordare. E provare vergogna per quello che accadde.
Fonte: Il Fatto Quotidiano - Emiliano Liuzzi

Fiume Marzenego, il video denuncia dell'associazione Amico Albero

Un viaggio virtuale lungo il fiume Marzenego



Un video - denuncia 
http://www.youtube.com/watch?v=HXFPxwecIHw&feature=youtu.be

L'associazione Amico Albero propone una ricognizione lungo il fiume Marzenego, mostrando il degrado del fiume, costituito da un climax di sfregi, deturpazioni, abusi, violazioni di norme, illeciti.
Il tratto urbano (a Venezia) del fiume Marzenego è una successione di scempi ambientali e paesaggistici.
Nella proposta di Contratto di Fiume del Marzenego sarà necessario indicare alcuni interventi che conferiscano dignità al corso d'acqua.

#Venezia#Marzenego